Raccontando Saluzzo di Gianni Neberti

Il caffè che serviva lo scalo ferroviario

Il “Caffè Grande” (l’odierno “Caffè Principe”) è forse uno dei luoghi più datati dove si è svolta la vita di relazione e commerciale della nostra città. La denominazione “Grande” è imputabile molto probabilmente all’ampiezza dei locali che abbracciavano parte del tratto finale del porticato di via Silvio Pellico e si estendevano su piazza Cavour fino a vicolo Mercati, aggirando la porta, tuttora esistente, di accesso al palazzo. 
Com’è noto via Silvio Pellico fu aperta nel 1856, con la denominazione di via dello Scalo, su progetto di Ignazio Fabre. La via doveva collegare il centro cittadino allo scalo ferroviario (ora sede degli uffici finanziari) in piazza Cavour. Con l’apertura di questa nuova strada (battezzata soltanto negli anni successivi via Silvio Pellico) vennero costruiti gli edifici con gli eleganti portici che ancora oggi caratterizzano il sito. Fra questi vi era la casa, di proprietà di Giovanni Gerardi, dove venne aperto al pubblico il “Caffè Grande”: una posizione ovviamente strategica vista la vicinanza dello scalo ferroviario; del resto la via doveva avere, come ha tuttora, una vocazione strettamente commerciale.
La prima licenza per il “Caffè Grande”, secondo la documentazione esistente all’Archivio Storico del Comune di Saluzzo, risale al 1862; compaiono altre caffetterie che però nel volgere del tempo hanno cessato l’attività, tanto da far si che il “Grande” sia l’esercizio saluzzese del settore più datato. Il primo gestore fu tal Celestino Colombero di Scarnafigi. Nel corso del tempo mutano sia i gestori del “Caffè” sia i proprietari dell’edificio, tant’è che nel 1880, l’edificio è individuato come casa Ciochetti, mentre la gestione è del caffettiere saluzzese Pietro Nasi. 
È proprio Nasi che nel maggio del 1880 chiede al Comune l’autorizzazione per l’installazione provvisoria di una tettoia in zinco sull’ingresso prospiciente piazza Cavour, per il riparo dalla pioggia e dal sole. Intervento che la Giunta municipale, presieduta dall’allora sindaco, il conte Cesare Saluzzo di Monterosso, autorizza. Negli anni successivi, siamo nel maggio 1889, sempre il gestore Pietro Nasi chiede l’autorizzazione a modificare, secondo le norme del Regolamento di Ornato vigente all’epoca, le aperture del “Caffè” ancora nella parte prospiciente piazza Cavour: l’accesso è ridotto a finestrone e l’esercizio avrà soltanto più l’ingresso da via dello Scalo; l’ingresso da piazza Cavour verrà nuovamente modificato prima della chiusura del “Caffè”. 
Una curiosità: il mese successivo, nel giugno 1889, il Nasi chiede al Comune di collocare sotto i portici della via, contro la parete del “Caffè Grande” una macchina di fabbricazione americana, misuratrice della forza muscolare: questa “serve di ornamento ai portici”, come scrive nel suo parere favorevole, l’Ingegnere Civico, Claudio Moschetti. Molto probabilmente (ma il dato non è certo ed è una mera ipotesi) è per il funzionamento di tale macchina che i clienti del “Caffè” dovevano munirsi di un apposito gettone del valore di 20 centesimi,  con riprodotto il nome del gestore e l’indicazione dell’esercizio. 
Nel luglio 1926, il gestore Pietro Botto richiede al Commissario Prefettizio, Tito Mela (la figura del sindaco è già stata sostituita dal fascismo), tramite il saluzzese fabbricante di insegne, Giuseppe Boschetto, l’autorizzazione a collocare sotto i portici, davanti al “Caffè”, due insegne in ferro pubblicitarie del famoso cognac Stock (ma la scritta sarà Stoch; forse per una maggiore italianità?). 
Le ultime notizie sul “Caffè Grande”, che funzionò ininterrottamente, come testimoniano fotografie d’epoca, risalgono al maggio 1941, quando l’importante esercizio venne chiuso, provocando l’amarezza delle istituzioni del tempo che in una nota indirizzata alla Regia Questura, sottolineano il grave danno “purtroppo irreparabile” creato dalla chiusura del “Caffè Grande”, il quale “risponde ad esigenze di carattere locale per l’economia ed il commercio, formando il recapito tradizionale dei maggiori commercianti, industriali ed agricoli che vi svolgono i loro affari il sabato mattina”. 
Dal maggio 1941, dunque, lo storico “Caffè” cessa la propria attività. Nei capienti locali si insediano uffici che i saluzzesi d’antan ancora ricordano. 
Bisognerà attendere il dopoguerra e per la precisione il periodo del boom economico, per vedere riaprire i battenti dello storico esercizio. I locali, ridimensionati rispetto al passato, avranno una nuova denominazione: “Caffè Principe”. Sarà l’esercente Giacomo Piumatti, già titolare del “Caffè Roma”, ad intraprendere l’attività. 
Negli anni successivi, si alterneranno diversi gestori, così come nel frattempo, verrà mutata la proprietà dell’edificio, per giungere ai giorni nostri quando è la famiglia Sola a gestire l’antico locale. In queste settimane il “Caffè Principe” è stato riammodernato, tenendo fede agli storici connotati del luogo, andando così a scrivere una nuova pagina di vita cittadina, nel rispetto della gloriosa tradizione del “Caffe Grande”.