Parole da conservare di Cetta Berardo

Perbacco!

Un’interiezione familiare per esprimere meraviglia, stupore quando ci troviamo di fronte ad un fatto inatteso, o ad un personaggio sopra le righe. Chiara Ferragni in tuta metallica dorata al Festival di Sanremo meritava un bel perbacco. Sinonimo di colpo di fortuna, se l’amico vince cinquemila euro al Gratta e vinci. Allora diventa un accrescitivo che contiene tutto, perbacchissimo.
Ma c’è anche il disappunto, per bacco, e la lingua si frena, perché verrebbe fuori un epiteto sacrilego: «è ora di smetterla, per Bacco!!!», urliamo al ragazzino impudente, che rumoreggia e disturba. Un dubbio sovviene: perché si scomoda Bacco? il dio pagano, effigiato da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, con il volto di un giovane paffuto, dall’espressione stordita dal vino, intrisa di una sensualità languida, è una potenza, osannato da poeti e scrittori, su  tutti i versi lapidari di un Giovanni Arpino scanzonato e vitalistico, Bacco tabacco Venere riducono l’uomo in cenere. Ecco lo scudo, il dio serve, ci mette al riparo dalla maleducazione, con quel perbacco spazientito, che si potenzia quando il nostro interlocutore non vuol intendere e diventa un poffarbacco.
Così quando siamo costretti a chiedere una cosa per la quarta volta, sbottiamo con «Poffarbacco, mi hai sentito?» ma soprattutto, quando nella Spada nella Roccia sir Ettore entra in cucina e trova le stoviglie che per magia di Merlino si stanno lavando da sole, grida: «Oh poffarbacco, magia nera della peggiore specie. Vieni Caio, all’attacco!».
Non ricorro spesso a questa interiezione, preferisco, se necessario, dirla in francese, più gentile, eh bien, oppure «Corbleu, pardonnez-moi», prendendo a prestito la frase di Molière. Una parolaccia subito seguita dalla richiesta di perdono, per attutire il colpo, in perfetto stile francese.