Fermo immagine di Alberto Abbà

Ti scorderai di me

Poi succede che ti imbatti nella storia di una fine, che ti entra in testa, puntata dopo puntata.
Un viaggio dalla Calabria alla Svizzera, con due lui che non si conoscevano. 48 ore il tempo a scadenza per rimediare. Pietro è quello che ha bisogno del secondo semaforo verde da un medico per farla finita, Sergio è un fotoreporter che è lì per documentare gli ultimi pensieri e gli ostacoli di chi emigra verso il suicidio assistito.
Due sconosciuti che si affiancano in un percorso di sola andata verso il confine. 
Le domande senza risposta, il buio del passato, i tasselli di un puzzle che prende forma, il racconto in scatti non mostrati, in un elastico che alterna un presente vicino e ricordi lontani.
Quella storia mi entra dagli auricolari e ogni dettaglio conduce in quell’auto e su quel treno. Senti gli odori di una pelle non lavata e il gusto di un tramezzino confezionato.
Le sigarette aspirate, quella erre che spinge, i dialoghi lenti, le pause che amplificano. 
Due storie, più altre, nella storia di quel gesto, condannato da molti, compreso da pochi. C’entra la religione, c’entra la morte. C’entra chi vuol sempre dire la sua sulle esistenze degli altri. Anche un angelo per qualcuno è diavolo.
Sempre troppo distanti dai dolori profondi di quelle vite, leggi dei codici e divine come macchine testarde che tengono aggrappato a forza chi è fuggito già. 
Tutto procede con un ritmo che sale, con le domande appuntate su un ipotetico foglio e quel finale altro, che non ti aspetti. Portato per mano fino a uno schiaffo, che cambia la scena, ma non il senso.
“Ti scorderai di me” è affermazione senza replica; l’aggiunta di un punto interrogativo permetterebbe un “No”, confermato a distanza di tempo. 
Quel giro di piano è da brividi, gli stessi che mette in conto chi si siede accanto, prima di partire per certi ultimi viaggi.
albiabba@libero.it