Fermo immagine di Alberto Abbà

Il Maestro di Elva

Devi arrivare fin lassù. Quella strada della Val Maira è un percorso fatto di curve e dalla svolta a destra ne mancano ancora diciassette di chilometri. Le alternative ci sono solo d’estate, a strada sgombra dalla neve dalla vicina Val Varaita, o a piedi. Elva la si deve guadagnare, come una vetta. 
Qualcuno di importante ci arrivò più di cinquecento anni fa. Il come e il perché restano avvolti nel mistero, fra supposizioni, studi e storie romanzate in vecchi e nuovi scritti.
Di reale restano quegli affreschi e una voce amica che te li racconta e ti accompagna nei dettagli.
Quella crocifissione tragica e sempre così attuale, con un ladrone pronto a salire in cielo e quell’altro rivolto verso il basso. L’abbraccio intenso di Maddalena al legno della croce. Maria sostenuta nella sua disperazione da Giovanni e da alcune donne. Un cavallo che mostra il suo di dietro a chi guarda, non è mancanza di rispetto, ma concentrazione sul protagonista della scena. Un signore barbuto dallo sguardo profondo, una testa muscolosa di cavallo, una lotta accesa per contendersi la preziosa tunica. I simboli dell’impero che sventolano sopra uno sfondo sfumato. 
Hans Clemer, pittore fiammingo: il Maestro di Elva. Un periodo il suo fra rari documenti, compresi fra il 1493 e il 1508.
Le sue tracce portano al Marchesato di Saluzzo e le sue pitture arricchiscono qua e là chiese di provincia. Ma il suo gioiello sta lassù, a 1637 metri, in quella terra che fu dei “caviè”, i commercianti di capelli.   
Non tutti i tesori sono esposti in capitale e visitati da milioni di persone. Alcuni se ne stanno rinchiusi in scrigni preziosi, protetti dai guardiani Pelvo e Chersogno, orlati da una strada dei cannoni che non hanno mai sparato. Incastonati fra antiche borgate, aria fresca e rare vite, che poco sanno di quel Maestro se non quello che conta. 
albiabba@libero.it