Vangelo

Il Vangelo della Domenica

Dal Vangelo secondo Marco 6,1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.    (...)

14ª TEMPO ORDINARIO (B)

È troppo facile criticare l’incredulità degli abitanti di Nazaret. Forse l’intento è proprio quello di farci riflettere se, per caso, non capiti anche a noi, come a quei concittadini di Gesù, di non essere d’accordo con Dio, col suo modo di manifestarsi. 
I pregiudizi e gli schemi mentali possono impedire di riconoscere la sua presenza. Suoi “profeti” sono a volte nascosti dentro un’esperienza forte di spiritualità, diversa dal “solito”; una sofferenza o una delusione; un familiare che conosciamo fin troppo bene, con tutti i suoi limiti. 
Il Maestro e Salvatore, come fece duemila anni fa, si “incarna” nel nostro quotidiano, e noi spesso fatichiamo a riconoscerlo. 
Da Nazaret Gesù era partito per una missione straordinaria: mostrare il volto del Padre. Quando vi fa ritorno, preceduto dalla fama delle parole e dei miracoli, la gente non sa accoglierlo. Come è successo? San Marco ne traccia le tappe: si parte dall’ascolto (“molti ascoltavano”), si passa allo stupore (“rimanevano stupiti”), quindi alla perplessità (“da dove gli vengono queste cose?”), per finire nel disprezzo (“un profeta non è disprezzato che nella sua patria”). Perché saltano dalla meraviglia all’incredulità? L’evangelista ci aiuta a trovare la risposta: perché “si scandalizzavano di lui”. Dio, secondo quella gente, era troppo grande per abbassarsi a parlare attraverso un uomo così semplice, che essi conoscevano da molti anni. 
I primi testimoni del Risorto riconoscono in tanti momenti della vita terrena di Gesù una rivelazione che solo la Pasqua svelerà: Dio ha scelto un modo “inusuale” di manifestarsi, non tra effetti speciali e interventi di forza, ma entrando “dentro” la carne dell’uomo, perché in essa egli abbia la possibilità e la forza di rinascere ed essere salvato. 
A volte, magari senza rendercene conto, aspettiamo da Dio interventi quasi da “giustiziere divino”. Non è il Dio di Gesù Cristo. Egli ci insegna ad accogliere con stupore e meraviglia, a contemplare e custodire nel cuore i segni, le parole, i gesti di un Amore che crea, che perdona, che guarisce, che risuscita. 
San Gregorio scriveva: “I concetti creano idoli, solo lo stupore coglie qualcosa”. Noi, i “familiari” di Cristo oggi, offriamo al mondo la testimonianza dell’umile stupore e della fiducia in Cristo e nella sua parola!
Buona domenica.