Via che vai di Anna Maria Faloppa

Salita alle scuole

Salita alle Scuole è un nome di tradizione settecentesca, formalizzata dal Consiglio comunale il 4.06.1850. Indica la via che, alternando gradini in pietra a gradoni acciottolati e biforcandosi di fronte al palazzo Viale di Brondello, offre la soluzione costruttiva per superare il ripido dislivello tra via della Fontana (ora via Diodata) e contrada inferiore delle Scuole (ora via San Francesco) e insieme consentire l’accesso ai pochi numeri civici laterali.
L’insediamento delle Scuole pubbliche si sviluppa dal 1757 in poi nella sequenza di edifici comunicanti, che va da palazzo Viale a palazzo Radicati passando per quello dell’antico Ospedale, il cui trasferimento fuori dall’abitato dà il via all’operazione. Delfino Muletti riferisce che nelle Regie Scuole, ovvero il ginnasio tolto ai Gesuiti nel 1729, affidato a professori regi e collocato in un primo tempo a casa Cavassa, “si insegnano le grammatiche, l’umanità, la rettorica, la filosofia e la teologia”, ma non la chirurgia, sebbene sia stipendiato anche un professore di tale materia (ignoto il motivo…). 
Un secolo dopo, è consolidata la sede della Scuola normale maschile a indirizzo scientifico, dapprima provinciale pareggiata e poi governativa dal 1885, mentre il secondo piano della “casa dello Spedale” è occupato dalla Scuola tecnica comunitativa pareggiata, fiore all’occhiello del Municipio, che vi provvede interamente.
La Salita è percorsa ogni giorno da torme di studenti e d’insegnanti ed è dunque comprensibile la sdegnata protesta pubblicata da La Sentinella delle Alpi il 21 gennaio 1885 dopo la nevicata, che ha scaricato sulla città 80 cm di morbidi fiocchi. 
“Quella perla del Sindaco” li ha lasciati ammucchiare nelle strade e persino sotto i portici, senza pensare di farli spalare via, costringendo i passanti ad affondare nella neve e nell’acqua oltre i ginocchi. E i disagi maggiori si sono verificati nella Salita, dove “si videro scivolare, cadere e rotolare per terra ragazzi, ma sì ancora degli adulti”.