Io sto con gli animali di Andrea Avagnina

Cuore impavido

Tra fine settembre ed inizio ottobre la natura si prepara al riposo invernale con un tripudio di colori e per i cervi è il momento in cui si perpetua il miracolo della vita, la stagione degli amori che donerà nuovi parti nella prossima primavera. 
Con sole, pioggia o nebbia torno a percorrere il sentiero che mi conduce all’arena in cui i maschi si contenderanno le femmine a suon di bramiti e, se non basta, arrivando allo scontro fisico adesso che i loro palchi sono al culmine della crescita.
Da tempo ho bandito le sveglie nel cuore della notte perché giungere sul posto prima dell’alba disturba solo gli animali nel pieno della loro attività: meglio arrivare in pieno giorno, quando riposano nel fitto del bosco ed attendere che le ombre della sera li facciano uscire nuovamente allo scoperto.
Il sole illumina ancora parte della radura quando un giovane maschio mi viene incontro e si corica proprio davanti a me: la luce è ancora dura e lui non pare intenzionato a bramire, mentre una vistosa ferita sul fianco destro ed un palco pur di tutto rispetto ma non ancora al top mi inducono a pensare che il posto scelto non sarà teatro di grandi scontri… il cervo non sembra dei più battaglieri.
Quanto mi sbagliavo…
Scende la sera e dal fitto del bosco profondi bramiti graffiano l’aria come i palchi affilati la corteccia dei larici e la festa ha inizio: nell’oscurità della pineta riecheggiano urla e colpi come echi di antiche battaglie ed alle mie spalle un verso potente si avvicina convinto di potersi conquistare la radura.
L’aria  è satura del forte odore di maschio e davanti a me sbuca una femmina con il piccolo dell’anno poi… subito dopo arriva lui, il maschio del pomeriggio, quello su cui nutrivo forti dubbi e che invece si piazza davanti a me esibendosi in un ruggito possente rivolto al contendente che con tono baritonale risponde alle mie spalle: lo scontro verbale non sortisce l’effetto voluto e così cuore impavido mi affianca puntando dritto alla fonte di quel bramito spaventoso che inspiegabilmente indietreggia perdendo di intensità.
Poco dopo il legittimo proprietario dell’arena riappare fiero e maestoso: questa volta il combattimento non c’è stato ma la stagione degli amori non è ancora finita.
Approfitto della semioscurità per abbandonare in silenzio quel santuario prezioso, poi sulla via del ritorno accendo la frontale: Cassiopea mi sorride da nord e stanotte, caro Braveheart, sognerò di te…