Fermo immagine di Alberto Abbà

Un cerchio che si chiude

Davanti a quella porta c’è un divano. Il gran capo convoca e si aspetta lì seduti il proprio turno. L’attesa può durare minuti oppure ore. Il potere dei grandi leader globali è fatto anche di piccoli gesti antipatici. Una volta dentro si decretano le sorti dei manager. C’è chi subito dopo la riunione deve liberare una scrivania o rifare dall’inizio un lavoro durato mesi. 
In una di queste entra Fred, con giacca e cravatta indossate su camicia e competenza decennale. Una voce ferma, un sorriso accennato e quel timore di chi non sa mai cosa aspettarsi. 
La descrizione del progetto, i flussi, le performance, in un’alternanza di grafici, numeri e parole. 
Il silenzio.
Poi il gran capo alza lo sguardo e dice “alle sue conclusioni sarebbe arrivato anche il mio cane”.
La risposta di Fred arriva pronta “bene, allora la prossima volta la riunione potrà farla con lui”.
La consapevolezza della fine di un percorso, fatto di stress, pensieri, notti. Il flash di quella richiesta, ovviamente urgente, arrivata all’alba del viaggio di addio al celibato a Barcellona. Basta.
L’addio senza paracadute e i volti di chi ti guarda strano nel lasciare un lavoro a tempo indeterminato.
La ricerca di una strada che provi a dare forme nuove alla creatività. Di quel lavoro malato da raccontare anche sopra una maglietta. Ma si sa, la realtà supera sempre la fantasia e così quel gran capo, ora non più utile alla causa e al fatturato della multinazionale, ordina proprio la maglietta con incisa la sua frase. 
“Caro Fred, lei non doveva prendere troppo sul serio le mie parole, io lo facevo soltanto per spronarla”. Troppo facile e comodo dirlo a distanza di anni.
I leader passano e le parole non sono sempre solo parole, alcune restano. 
A volte possono pure essere indossate. 
Con ironia certo, ma senza dimenticare mai come si stava scomodi in attesa su quel divano.
albiabba@libero.it