Le nostre storie di Alberto Gedda

Briciole d'umanità

Non a tutti potrà interessare che la fotografia qui pubblicata è una delle prime che ho scattato: anzi, che ho voluto scattare con l’Exa caricata in diapositiva che mi diede mio papà Nico. Un pomeriggio avevo infatti incontrato in piazza Dante un mendicante che girava con lo zaino: cappello, barba bianca lunga, abiti lisi, curvo sul bastone cui si appoggiava per muoversi. Nell’altra mano la ciotola per raccogliere l’elemosina, poche monete. Quel volto rugoso, sorridente, mi aveva colpito e così gli avevo chiesto se potevo fotografarlo: mi disse di sì e così corsi in negozio a prendere la macchina fotografica. Avevo tredici anni.
L’anziano “barbone” mi raccontò che veniva da Roreto Cherasco (località allora a me sconosciuta e che mi parve lontanissima, esotica) e, passo dopo passo, si muoveva tra i vari paesi chiedendo l’elemosina e dormendo dove riusciva. 
Lo incontrai altre volte fermandomi a parlare con lui: mi piaceva chiacchierare con quel signore (chissà come si chiamava…) ascoltare i suoi racconti di una vita ai margini, praticamente sempre solo, muovendosi pianissimo sulle gambe malferme, vivendo di briciole.
Di quello scatto mio padre ne fece un poster, forse per compiacermi, che mise in vetrina. Ne ero orgoglioso: della fotografia e dell’“amicizia” con quel signore che ogni tanto vedevo per le vie di Saluzzo, finché non lo vidi più. Evidentemente il suo girovagare si era fermato così come il suo cuore.
Mi è quindi  rimasta dentro un’empatia verso gli anziani “barboni”, protagonisti di un’umanità della quale non interessa nulla, o davvero poco, ad una società che ha fatto della fretta la sua cifra. Soprattutto negli anni in cui ho lavorato per Sat 2000 (oggi Tv 2000, l’emittente della Cei) nella struttura diretta dal regista Pupi Avati, ho avuto modo di avvicinarne molti e di intervistarne alcuni raccogliendo storie molto interessanti. Come a Milano, nella comunità di san Gaetano nei pressi della stazione Centrale gestita da un sacerdote con capelli e barba lunghi, stivaletti a punta e jeans, dove ho incontrato Giovanni: dopo una lunga chiacchiera si convinse a parlare davanti alle telecamere. Ultimo di dieci figli era scappato di casa da bambino per lavorare prima in un luna park, poi un circo sgangherato, infine alcolizzato sui marciapiedi.
Il sacerdote della comunità l’aveva trovato su un tram, accucciato in un sedile in fondo, ubriaco fradicio: l’aveva portato in comunità, ripulito, disintossicato e – mi era parso quasi incredibile – dopo poco tempo Giovanni era diventato un volontario che si occupava di assistere altri “barboni” cercando con loro vie d’uscita dalla strada e per una vita dignitosa.
Tanta storie, briciole di storie d’umanità, che potrebbero dare molto se si ha la voglia di fermarsi ad ascoltare.