Via che vai di Anna Maria Faloppa

Via Trieste

Giusto 70 anni fa, cioè  il 5 ottobre 1954,  gli accordi di Londra sanciscono il ritorno di Trieste e di parte del suo Territorio Libero all’Italia, concludendo di fatto la questione internazionale scaturita dal trattato di pace firmato nel 1947 con gli Alleati. L’atto aveva appunto istituito il Territorio e mantenuto alla città, con il nome di Porto Libero, lo status di porto franco concesso dall’Impero Asburgico nel 1719.
A Saluzzo, il rinnovarsi dell’attenzione verso le vicende delle “terre irredente” si traduce nell’intitolazione di due nuove strade alle città simbolo Trento e Trieste, (per quest’ultima su proposta del sindaco avv. Emilio Villa), con la deliberazione di Consiglio comunale n.56 dell’11.12.1954. 
All’epoca, via Trieste è una traversa di corso IV Novembre a servizio del nuovo quartiere I.N.A. Casa, ma è destinata a svilupparsi con molte diramazioni fino a via Bodoni. All’imbocco, dal 21 luglio 1956 opera lo Stabilimento Tipografico Minerva Medica, che dichiara il suo rigore scientifico fin dall’atrio, in cui si fronteggiano la statua di Minerva ritta sul motto Vi et Mente (ossia: con la forza e l’intelligenza) e il bassorilievo allegorico del genio della Sapientia, che sconfigge la morte o la pestilenza che dir si voglia, opere dello scultore senese Guido Bianconi (1874-1960).
L’editrice Minerva approda in città nel 1943 per sfuggire ai bombardamenti di Torino, insediandosi al civico 93 di via Spielberg e riprendendo subito la produzione con l’assunzione di una ventina di operai locali. Finita la guerra, il rientro completo di macchinari e manodopera a Torino è rinviato più volte grazie al manager Carlo Rossi, che si adopera per mantenere a Saluzzo un’attività in costante sviluppo, ottenendone la conferma definitiva nell’agosto 1953.
Per il suo appassionato impegno Rossi riceverà nel 1956 la Croce di Cavaliere e il titolo di “Saluzzese dell’anno” nel referendum indetto dal settimanale indipendente Il popolo di Saluzzo, uscito dal 1953 al 1957.