Libera-mente di Fabio Borghino

L'anima del disturbo ossessivo-compulsivo

Maurizio è come in trance…  Concentra l’attenzione di questi istanti sul movimento oscillatorio dell’acqua in quella bottiglia di plastica sulla scrivania di lavoro assorto in un mondo privo di perturbazioni esterne; uno spazio interno a se stesso incontaminato da emozioni; puro in quanto oggettivo e concreto… 
Poco importa se quella bottiglia mezza vuota è quasi caduta quando il proprio responsabile ha sbattuto la porta così forte da fare tremare i muri in cartongesso dello studio, minacciando per l’ennesima volta che se il lavoro non fosse stato ultimato in serata lo avrebbe costretto a fermarsi anche tutto il week end, notte compresa, pena il licenziamento in tronco. 
È la stessa storia da qualche mese ormai ed il punto non è che Maurizio non faccia il proprio dovere, anzi, è sempre tutto così in ordine, tutto così tassativamente rispettato in termini di scadenze e obiettivi… Il guaio è che il capo non si accontenta ed è come se fosse spinto da un’ingordigia di prestazioni pretese con arroganza dai propri dipendenti. 
La parola: “Riconoscimento professionale” non è contemplata.
Maurizio è altrove. Non è cosciente di ciò che sta succedendo dentro di lui, ma è come se la rabbia furiosa per il trattamento subito fosse completamente ignorata; se il timore di assecondarla potesse fargli perdere il controllo e sapesse che può accadere. Tutto ciò sarebbe moralmente inaccettabile. 
Ecco una voce interna giudicante prendere il sopravvento: “Pensare una cosa simile?! Ah Ah, tu che non sei nemmeno in grado di alzare lo sguardo! Pensare di conficcargli la taglierina in gola prosciugandolo del suo sangue a poco a poco per non finirlo subito? Per farlo soffrire? Come osi, malvagio essere ripugnante, pensare queste cose sul tuo capo? Vergognati! Sudicio animale! Vatti a lavare!”.
Maurizio è come imprigionato, adesso, e non può fare a meno di obbedire a questa imposizione interiore. Si sente sporco dentro per avere osato questi pensieri e percepisce che l’unica possibilità di redenzione consista proprio nell’assecondare l’imperativo finale di quella voce. 
Si precipita in bagno, accende la luce, spegne la luce, riaccende la luce, strappa un pezzo di carta-igienica per aprire il rubinetto senza contaminarsi ulteriormente toccandolo a mani nude, con lo stesso procedimento schiaccia il boccettino del sapone e comincia il conteggio dei lavaggi in preda ad un’agitazione quasi incontenibile. Sa che questa volta non saranno sufficienti i soliti tre lavaggi accurati. Si sente troppo sporco. 
Non si può andare avanti così, eppure il meccanismo della compulsione sta prendendo piede e non sono più sufficienti i soli pensieri ossessivi a dargli pace. 
Ormai entrare a lavoro è diventato un incubo. Rischia il licenziamento e lo sa bene, ma non può fare a meno di quei pensieri ossessivi e di quei rituali compulsivi. Sono l’unico modo che conosce per distaccarsi dal mondo e placare l’ansia derivata dal terrore che prova di fronte alle proprie emozioni forti. Non può nemmeno permettersi di perdere il lavoro…
Affrontare il disturbo ossessivo-compulsivo si può. Esiste un’alternativa. Si chiama psicoterapia. Maurizio ce la può fare.