Libera-mente di Fabio Borghino

Depressione, epigenetica e trattamenti sanitari integrati

Le ombre delle case sembrano allungarsi più del solito questa sera d’autunno sulla via che ti ha visto crescere e che scruti dalla finestra di quella stanza diventata rifugio da troppo tempo. Ogni angolo di quel quartiere parla di te ed è come se frammenti di memoria si fossero staccati come foglie ingiallite per disperdersi nel gelido vento del nord arrivato troppo presto. Non sei più la bimba sorridente che non riusciva proprio a chiudere gli occhi la sera prima del suo compleanno, nonostante sapessi che mamma e papà forse se ne sarebbero ricordati alla fine della giornata, quasi per sbaglio, persi dietro carriera e bilanci aziendali. Non puoi più perderti negli unici occhi lucidi che ti abbiano mai riconosciuto veramente oltre la scorza di quel finto sorriso indossato come una maschera perché capace di ricevere considerazione da chi avrebbe dovuto donarti amore incondizionato, invece che giocattoli. Nonna non c’è più da mesi ormai… 
“Era solo una nonna” sono stati capaci dirti con la stessa noncuranza di sempre…
“Era la mia nonna” sei stata capace di rispondere, perché solo chi ha respirato quel tipo di amore sa cosa significhi perderlo…
Alice non ha mai creduto in se stessa, ma quella presenza, come faro di speranza incarnato, è forse ciò che l’ha tenuta in vita fino ad oggi nel vuoto dell’impotenza che la circonda. A casa è come non esistere e la traccia che tutto ciò ha lasciato in lei si riverbera nella consapevolezza di non avere valore e, per questo, di non meritare la vicinanza di qualcuno. Per sopravvivere ha imparato che sorridere e assecondare i bisogni degli altri era l’unico modo per elemosinare brandelli di presenza, ma chi si abitua a riconoscerti solo per il tuo sorriso o per la tua abilità di compiacere, col tempo, tende a darti per scontato… A dimenticarsi di te come a confermare, in un’inesorabile profezia che si auto-avvera, un destino di solitudine… 
La depressione di Alice le sta portando via i ricordi che, da quella finestra, stanno perdendo colore, così come il senso della vita che l’ha condotta a pensare che non valga la pena continuare a lottare.
Alice ha bisogno di aiuto…
Alice ha chiesto aiuto, ma la gravità del suo dolore richiede una presa in carico capace non solo di stabilizzare i suoi sintomi con dei farmaci. La profezia che si auto-avvera inscritta dentro di lei a livello profondo e inconsapevole richiede l’intervento di uno psicoterapeuta capace di intervenire sul quello che in gergo si definisce il suo: “Ciclo interpersonale invalidante”. E’ necessario un lavoro  su quella rappresentazione di sé in quanto inadeguata e non meritevole di amore che è il riflesso di un sistema di cure mancante sul piano affettivo nella sua storia di vita e che tende a portarla e costruire relazioni incapaci di riconoscerla veramente che si ripete come un copione già scritto. 
Tutto questo non sarà sufficiente, perché quel vuoto ha lasciato strascichi anche sul suo corpo portandola a sviluppare una vera e propria postura depressiva che ha degli effetti deleteri sulla sua schiena con lombalgie che amplificano oltremodo la negatività del proprio umore. Un corpo arreso richiede alla schiena un lavoro extra per sostenere l’impalcatura che sorregge la vita e una predisposizione famigliare ad ernie discali non è di aiuto in tutto questo. Un osteopata potrà lavorare con il collega psicoterapeuta per sostenere e mantenere in asse ciò che non ha mai potuto avere una centratura, perché nessun albero può reggersi senza radici.
Avremo bisogno anche di prenderci cura della sua mente e del suo corpo attraverso ciò che sceglierà di accogliere dentro di sé smettendo di “Alimentarsi” ed iniziando a “Nutrirsi” con l’aiuto di una nutrizionista. Da troppo tempo la sua alimentazione, in linea col suo stato, sta quasi in automatico prediligendo alimenti che non consentono al suo intestino di sintetizzare molecole capaci di riattivare nel suo cervello processi in grado di migliorare il suo umore. Intestino e cervello sono una cosa sola, ma il dolore estremo, oltre che capace di allontanarci dagli altri, può anche allontanare tra loro parti di noi e del nostro corpo rendendole incapaci di collaborare tra loro per il nostro bene.
Il destino di depressione di Alice era scritto in quanto geneticamente predisposto a livello famigliare?
Si sarebbe potuto fare qualcosa per prevenirlo o siamo soltanto l’espressione di geni inscritti in ognuno di noi?
In questo momento è possibile aiutarla ad uscire da questo male e prevenire ricadute future?
L’epigenetica sta dimostrando in maniera incontrovertibile quanto le esperienze di vita possano silenziare o modificare l’espressione di certi geni ereditati evitando destini scritti per ognuno di noi. Il lavoro congiunto di professionisti sanitari coordinati, per Alice così come per innumerevoli altre storie, può non solo portare alla guarigione evitando ricadute, ma, se agito in ottica preventiva, addirittura evitare la possibile manifestazione di patologie gravi ed invalidanti come la depressione e molte altre.
Proprio come le carezze di una madre sono in grado di sviluppare aree cerebrali in grado di neutralizzare gli effetti degli ormoni dello stress sul corpo del neonato rinforzando positivamente la sua risposta ad eventi critici, così il lavoro congiunto di professionisti sanitari saprà essere “Carezza” in grado di donare quella speranza conosciuta e smarrita negli occhi di una nonna capace di riconoscerla oltre il velo dell’apparenza.
Non siamo soltanto il frutto di ciò che abbiamo ricevuto, ma anche e soprattutto la conseguenza delle nostre scelte. 
Scegliere di vivere invece che di sopravvivere è forse l’atto di coraggio più grande che la vita ci possa regalare come occasione e che possiamo restituire al futuro. Ne vale la pena… Alice lo sa…

* psicologo, psicoterapeuta, sessuologo clinico
www.salusgentis.it